Vincenzo Todisco

100 anni Pro Grigioni Italiano

Intervista a Franco Milani, presidente della Pro Grigioni Italiano, per la piattaforma digitale “Pluriling” dell’ASPGR e dell’Istituto per la ricerca sulla cultura grigione

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 Piattaforma pluriling-gr.ch   Link

Signor Milani, la Pro Grigioni Italiano quest’anno festeggia i cento anni dalla sua fondazione. Qual è, oggi, la funzione dell’associazione?

 

Franco Milani: Lo scopo della Pro Grigioni Italiano è promuovere la lingua italiana nel Canton Grigioni e difendere gli interessi della minoranza italofona in Svizzera. Mossa da questo obiettivo e grazie all’attività culturale che da cento anni a questa parte caratterizza una parte della sua attività, la PGI ha concorso in maniera fondamentale alla creazione dello “spirito grigionitaliano”, diventando uno dei punti di riferimento per la politica linguistica cantonale.

 

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In questo anno ricco di iniziative e festeggiamenti, la PGI si è impegnata per contrastare l’iniziativa sulle lingue straniere (“Solo una lingua straniera nelle scuole elementari”) che chiedeva l’abolizione dell’italiano nelle scuole elementari della parte tedescofona del Canton Grigioni. Oltre il 65% dei votanti ha respinto l’iniziativa. Ciò significa che l’insegnamento delle lingue straniere rimane invariato (una lingua cantonale a partire dalla terza e l’inglese a partire dalla quinta classe). 

 

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Signor Milani, come già in altri cantoni, l’iniziativa sulle lingue straniere a scuola è stata respinta anche nei Grigioni. La Pro Grigioni Italiano si è impegnata molto per combattere l’iniziativa. Per quali motivi, dal punto di vista della PGI, era importante che l’iniziativa non passasse?

 

Franco Milani: Se accettata, l’iniziativa avrebbe indebolito l’insegnamento dell’italiano e ostacolato la comunicazione e la comprensione reciproca all’interno del Cantone, specificamente nella parte di lingua tedesca. Inoltre i giovani grigionitaliani e romanci avrebbero dovuto posticipare alle scuole secondarie lo studio della lingua inglese; ciò li avrebbe penalizzati rispetto ai loro colleghi del Grigioni tedescofono. Tutto ciò sarebbe stato una palese discriminazione, un atto clamorosamente contrario ai precetti di giustizia sociale che avrebbe messo a repentaglio la pace linguistica e la coesione cantonale.

L’iniziativa non teneva inoltre conto delle indicazioni del Piano di studio 21, tese ad armonizzare l’insegnamento nei diversi cantoni; l’accettazione dell’iniziativa avrebbe perciò isolato il Grigioni nel quadro scolastico svizzero.

 

Proprio in seguito alle discussioni tenutesi nel contesto dell’iniziativa, come giudica il rapporto del Grigionitaliano con le altre comunità linguistiche del Cantone?

 

Il Grigionitaliano non è omogeneo: la storia, la dimensione, l’economia e la varietà geomorfologica delle singole regioni determinano delle differenze nel loro rapporto con le altre comunità linguistiche del Cantone. La Calanca e la Mesolcina, per esempio, hanno uno sbocco naturale verso il Ticino. Ciò favorisce i collegamenti con il sud e relega all’ambito prevalentemente politico e formativo i rapporti con il resto del Cantone. Diversa è invece la situazione nella Valposchiavo e in Bregaglia, dove la presenza della frontiera con l’Italia spinge queste realtà a intessere un intenso rapporto economico e culturale con la comunità tedescofona dell’Engadina e con il resto del Cantone. La Bregaglia fa inoltre parte della Regione Maloja ed è quindi la zona del Grigionitaliano più fortemente legata alla comunità tedescofona. 

Si può quindi dire che le zone del Grigionitaliano sono, in varia misura, economicamente subordinate a quelle tedescofone. Questa dipendenza stimola, e spesso impone, un continuo uso della lingua tedesca e un conseguente assoggettamento alla lingua e alla cultura svizzero-tedesca. È per questo che far rispettare i diritti linguistici della comunità italofona, perennemente confrontata con altre realtà culturali, è la principale sfida per la PGI e per tutto il Grigionitaliano.

 

Quali sono, per un’associazione come la PGI, le ulteriori sfide da affrontare nel prossimo futuro?

 

Nell’immediato futuro è importante che la PGI riesca a fare recepire fino in fondo i diritti e i doveri che derivano dalla Legge sulle lingue. Contemporaneamente deve continuare a essere un punto di riferimento nel Grigionitaliano, e diventarlo in misura più significativa anche a Coira, in Engadina, nel resto dei Grigioni e pure a Berna. Considerando poi che la lingua italiana conta ormai da tempo più parlanti al di fuori dalla regione linguistica di riferimento che all’interno di essa, si capisce come sia importante fare una politica linguistica globale e meno limitata al Grigionitaliano. Il superamento del principio di territorialità quale unico cardine della politica linguistica va di pari passo con un obiettivo ancora più ambizioso: quello di beneficiare a lunga scadenza di un maggiore peso politico e di vedere riconosciuto il giusto ruolo dell’italiano nel servizio pubblico, che a ragion veduta andrebbe recepito legislativamente negli obblighi amministrativi del Cantone e della Confederazione.

 

 

Franco Milani, presidente della pgi.

 

Tenuto conto di quanto è stato detto fino ad ora, perché, nei Grigioni è utile, importante o necessario sapere l’italiano?

 

Nel nostro Cantone l’italiano è importante perché è utile: uno studio fatto da Barbla Etter presso l’Università di Friburgo sull’uso delle lingue nell’economia retica ha evidenziato come il 97% delle aziende prese in esame (908) abbia indicato di usare oralmente il tedesco, il 75% l’italiano, il 64% l’inglese, il 48% il romancio e il 14% altre lingue. Dopo il tedesco, la lingua professionalmente più utile nel Canton Grigioni non è quindi l’inglese, bensì l’italiano. 

 

Lei ha già citato la Costituzione federale, la Legge sulle lingue, e c’è anche la Legge sulle lingue del Canton Grigioni, ha ricordato l’importanza del rifiuto dell’iniziativa sulle lingue… Le premesse per la salvaguardia e la promozione dell’italiano nei Grigioni quindi ci sono. Perché allora è importante continuare a impegnarsi a favore dell’italiano?

 

Al di là degli importanti argomenti economici che appartengono alla nostra vita quotidiana, difendere la lingua italiana è un’azione fondamentale per tutelare le nostre radici culturali. Questo perché la Confederazione è uno stato plurilingue che per la sua coesione non può fare leva né su una comune base linguistica né su un unico retroterra culturale. L’identità della nostra “Willensnation” va cioè definita. Ecco quindi che lo studio delle lingue nazionali, compreso l’italiano, non è un semplice esercizio scolastico, bensì un fattore decisivo per la coesione elvetica. Inoltre lo sforzo profuso dagli svizzeroitaliani per studiare il tedesco e il francese non può esonerare chi abita negli altri cantoni dal dovere di poter almeno comprendere la nostra lingua. Solo prendendosi cura anche della lingua italiana si rende giustizia al nostro Cantone e alla Svizzera.

 

Nelle sue argomentazioni Lei fa spesso riferimento alle altre regioni linguistiche, sia del Canton Grigioni che a livello federale. Come giudica Lei il funzionamento del tanto proclamato trilinguismo del Canton Grigioni?

 

È indubbio che il plurilinguismo è una realtà vissuta e praticata da molti abitanti di questo Cantone, e di ciò possiamo andare fieri. La recente campagna a favore dell’iniziativa per una sola lingua straniera ha però mostrato quanto sia vero anche il contrario: il plurilinguismo retico, similmente a quello elvetico, tende spesso a risolversi in monolinguismo regionale, particolarmente vistoso per il tedesco. Concretamente, le lingue cantonali hanno la tendenza a rinserrarsi nelle rispettive regioni, favorendo un appiattimento sulle aree vicine, che naturalmente tendono ad esercitare un influsso culturale di tipo egemonico. Sintomatico, a tal proposito, è il caso di St. Moritz e del suo influsso su tutta l’Alta Engadina l’Engadina Alta. A farne le spese è, ovviamente, la coesione cantonale, poiché quanto più un territorio è solo un aggregato di spezzoni monolingui, tanto più esso è disgregato.

Questo pericolo si nota pure nell’amministrazione cantonale, che anche nelle sue forme culturali più rappresentative tratta l’italiano come un fenomeno locale, minoritario e di scarsa rilevanza per il Cantone nel suo insieme.

 

Lanciamo ora uno sguardo al futuro. Tra cento anni, secondo Lei, come si presenterà la situazione linguistica del Canton Grigioni?

 

Non ho una sfera di cristallo, ma per quanto concerne la diffusione della lingua italiana nutro un certo ottimismo. I rapporti linguistici sono variati con il tempo: fino al XIX secolo la lingua più diffusa era il romancio, che in molte zone fu poi progressivamente sostituito dal tedesco. L’italiano, però, ha sempre mantenuto un grado di penetrazione pari a poco più del 10% della popolazione e non ho motivi per temere che nei prossimi anni questa quota diminuisca.

Più preoccupante è la situazione della lingua romancia che, analogamente alla lingua italiana, vive una situazione di svantaggio sin dalla fondazione costituzione del Cantone accettando non solo la germanizzazione di buona parte di una regione che fino a 200 anni fa era interamente romancia, ma anche il passaggio senza residui al bilinguismo o, anzi, a una situazione di diglossia. Alla luce di questa drammatica evoluzione sarebbe necessaria anche per questa lingua una vigorosa inversione di tendenza da parte dell’amministrazione cantonale, garantendo puntigliosamente l’uguaglianza assoluta con le altre lingue nazionali. Se queste contromisure non interverranno rapidamente, il romancio è destinato a scomparire e a essere sostituito dallo svizzerotedesco.

 

Quali dovrebbero essere, secondo Lei, le caratteristiche di una politica linguistica atta a sostenere appieno il trilinguismo e a promuovere la comprensione tra le regioni linguistiche?

 

Una politica lungimirante dovrebbe contrastare la globalizzazione linguistica e promuovere un senso di appartenenza linguistico-culturale autentico e identitario; dovrebbe però anche favorire il plurilinguismo quale efficace mezzo per garantire la pacifica convivenza dei popoli.

È decisivo che questi principi generali siano costantemente presenti nel programma politico del nostro Cantone e che siano perseguiti dall’amministrazione cantonale. Solo così si giungerà al riconoscimento del giusto peso che anche la lingua italiana deve avere nel servizio pubblico, raggiungendo quegli obiettivi per i quali la PGI si batte da sempre, come per esempio garantire una maggiore presenza di personale di lingua italiana nei quadri superiori della pubblica amministrazione, utilizzare in modo più esteso l’italiano nei documenti del Cantone e della Confederazione, creare scuole bilingui per sostenere l’insegnamento dell’italiano al di fuori dalla Svizzera italiana e sostenere adeguatamente la stampa e gli organi d’informazione in lingua italiana.

 


In occasione del centenario, la PGI ha dato il via a una lunga serie di attività e iniziative sparse su tutto il territorio del Grigionitaliano, ma anche a Coira. In tale ambito serve ricordare il nuovo volume della Collana letterara della Pro Grigioni Italiano con un’antologia di testi e immagini riguardanti il Grigionitaliano. La mostra itinerante «Tracce e impressioni del Grigionitaliano» accompagna la presentazione del libro in tutte le sue tappe. Dal 19 ottobre al 4 novembre la mostra è ospitata dal Palazzo Comacio di Roveredo. Segnaliamo infine Leo e Lila alla scoperta del Grigionitaliano. Si tratta di una guida che per la prima volta riunisce in un solo volume i monumenti e i luoghi più significativi del Grigionitaliano. Anche se pensata per le lettrici e i lettori più giovani, l’opera può essere utile a chi volesse mettersi in cammino alla scoperta della cultura del Grigionitaliano.

Ringraziamo il Signor Milani per averci concesso questa intervista e ci auguriamo che il cammino intrapreso cento anni fa dalla Pro Grigioni Italiano possa continuare a conferire all’italiano la giusta posizione che merita in qualità di lingua cantonale e nazionale.

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